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ITALIA: what else?

Ricordo ancora il giorno in cui ho ricevuto la telefonata, ormai un anno fa, in cui mi si chiedeva a quale dei diversi camp disponibili desiderassi partecipare. 
Al tempo non conoscevo quasi nulla della destinazione da me scelta, ma, per qualche motivo, mi ispirava.
Si trattava della Danimarca.

Le stagioni, da allora,sono scorse velocemente,e talmente silenziose che, senza che me ne accorgessi, è giunto il 9 di luglio.
Avevo sognato a lungo quella data, ma adesso, sul ciglio della partenza, sembrava ancora surreale.
Quel giorno, ho viaggiato fra le luci delle macchine in autostrada alle due del mattino e ho guardato il sole sorgere dall'aeroporto di Firenze. Quasi come se anche il cielo celebrasse quello che sarebbe stato un nuovo inizio.
Poche ore dopo, ho volato sola per la prima volta, passando per Amsterdam, fino ad Aalborg.
Lì è iniziata la prima delle tresettimane che mi attendevano, ospitata da una famiglia danese, nell'isola più a nord dello stato.
Vorrei che potessite vedere le fredde pianure sterminate, dominate da pale eoliche, sempre avvinte dal vento, come le ricordo io.
Fra queste c'è una villa piena di quadri e di musica, circondata da un grande giardino. Lì, sono stata accolta come una figlia e una sorella da una famiglia di ben 6 persone, che mi hanno portata con sé nella loro vita di tutti i giorni, durante un bellissimo periodo di vacanza.
Con loro ho visitato i vicoli di Aalborg, una città anticamente vichinga, ho nuotato e fatto canoeing nel mar del nord nelle scogliere oltre le colline, ho cotto il pane sulla brace e cucinato, oltre ad assaggiare, piatt itipici.
Abbiamo festeggiato i compleanni di due cugini e accolto amici da Londra, e perfino realizzato un piccolo film, che abbiamo guardato tutti insieme, mangiando i popcorn.
L'esperienza più significativa che ho vissuto con loro è stata una visita di un museo di pittura moderna locato in un piccolo pezzo di terra considerato stato indipendente, abitato in gran parte da artisti al di fuori della legge, a poche ore dalla nostra casa.
Ho parlato molto con la mia host-family, e ho imparato a vivere le loro abitudini, come l'odore di pane tostato con il burro tutte le mattine e il suono del pianoforte di uno dei fratelli, insieme a quello della radio, con le solite vecchie canzoni inglesi che tanto piacciono ai genitori (e a me).
I giorni sono velocemente scivolati fino a metà luglio, giorno in cui ho salutato la mia host-family per ripartire nuovamente. Anche l’unica figlia della mia host-family, persona a cui mi ero maggiormente aezionata, stava partendo per un viaggio; la ricordo felice, mentre ci salutava, con al polso il braccialetto di pietra blu che le avevo regalato al mio arrivo. Non potrò mai ringraziarli abbastanza, ma spero che anche il mio sorriso fosse notato e compreso quanto i loro.

In quello che ricordo come uno dei giorni più felici dalla mia vita, mi sono rimessa in viaggio, fino ad arrivare ad Aahrus, precisamente in un college a pochi minuti dalla città. Lì sono iniziate le due settimane di camp, con altri 35 ragazzi provenienti da 16 stati.
Le due settimane sono state sature di attività, sia legate al divertimento e al teambuilding, che alla tematica sociale del camp, ovvero la sostenibilità e le energie rinnovabili. Degne di nota sono: escape games, concorso di costruzione di una pala eolica, tiro con l'arco, giornata in spiaggia, visita della città, visita di un museo incentrato sulle energie rinnovabili, e molto altro...
Alcuni dei miei ricordi migliori, però, non sono legati alle attività svolte quanto ai ragazzi con cui ho passato quei giorni. Ricordo con aetto le serate passate a giocare a biliardo, ad ascoltare musica e a guardare film, seguite da nottate passate ad aspettare che calasse il sole, cosa che non succedeva mai. Ricordo il profumo dei marshmellows scottati sulla brace, anche se non sono un amante del dolce, e del cappuccino, preso fin troppe volte ogni giorno.
Non sono certamente mancati momenti di difficoltà e tristezza, ma neanche quelli di pura ilarità, di piccole infrazioni delle regole, e qualche nuovo amore. Magari te li racconterò in un altro momento, però.
Forse non ho compreso quelle persone che adesso chiamo amici fino in fondo, ma conosco le loro piccole abitudini e i loro sorrisi.
L'ultimo giorno della mia permanenza, ho avuto modo di conoscere anche le loro lacrime.
Quel giorno non ho pianto. Ricordo di essermi sentita felice.
Ogni tanto, mi capita di ripensare al fatto che forse non tornerò mai ad Aarhus, né rivedrò la mia compagna di stanza.
Mi chiedo cosa rimanga, e trovo la risposta nelle spille che ci siamo scambiati, che porterò con orgoglio, nelle foto e nelle canzoni che mi sono rimaste in testa, e mi aiutano a ricordare.
In verità, anche nella pinza per capelli che ho comprato lì, soltanto perché tutte le donne danesi la portavano, e che continuo a portare molto spesso.
Prima, della Danimarca non conoscevo niente. Non avrei saputo cosa immaginare oltre al disegno di una cartina. Adesso, ogni volta che viene nominata, ritorno con la mente, senza volerlo, alla solita casa e le solite persone. Adesso ho un punto di riferimento e, forse, un giorno, qualcuno a cui tornare.
Per tre settimane, non ho visto calare il sole. Il vero finale, per me, è stato rivedere il tramonto, nuovamente fra le strade di Firenze.

Ringrazio tutti i soci Leo e Lions, che hanno permesso a me e a molti altri ragazzi di vivere una piccola, nuova vita, dentro alla nostra quotidianità.

Con affetto, Agnese

In una nota meno poetica...

Non riuscirei a trovare aspetti negativi nella mia esperienza; l'organizzazione si è confermata essere pressochè perfetta, prendendo in considerazione tutti gli aspetti della nostra permanenza (il rispetto delle regole, i pasti, la qualità dello sta, le attività...).

Consiglierei vivamente questo camp ad altri, merita moltissimo.