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ITALIA: what else?

Prima volta che viaggio con lo “Youth Exchange Program Lions”, un’avventura unica che permette ai partecipanti di conoscere “un campione” della popolazione mondiale, tuo coetaneo, aprendoti gli occhi su come si vive nel resto del mondo, accorgendoti che non esistono barriere né diversità. 27 persone: Arsal, Natasha, Ramiz, Martina, Giorgia, Berit, Ulli, Daria, Paula, Diego, Susanne, Birk, Phindi, Giorgia, Noga, Alicia, Wien, Elsa, Ern,Ylva, Jowen, Liz, Salima, Leo, Birsel e Mert , tutti insieme, dando il massimo per rendere l’esperienza unica. La settimana in famiglia ha creato con gli altri ragazzi un legame indissolubile.
Non ringrazierò mai abbastanza per l’occasione ricevuta. Credo di aver passato momenti così belli e speciali, che rimarranno in me per sempre, momenti che mi hanno aiutato a maturare e che mi hanno arricchito sotto tutti gli aspetti.
Sono grato ai Lions per tutto e spero che questo percorso, appena cominciato, possa portarsi avanti anche con i Leo (di cui sarei fiero di entrare a far parte), ma anche conservare i legami con tutta la grande famigliadi Mozen.
Grazie mille ancora per tutto
Alberto

 

Alberto1Questo è un “breve” resoconto della bellissima esperienza vissuta, il vero testo da pubblicare, quello scritto con il cuore e soprattutto corto, ma mi ero riproposto di tenere un diario e le pagine con annotazioni varie potrebbero essere queste:
Domenica 23 giugno, sveglia alle 5 del mattino.
L’aereo è verso le 9,30 ma l’aeroporto è lontano da casa. Piccola colazione, giusto per mostrare ai miei genitori che mangio, che è tutto OK, ma dentro di me c’è un misto di eccitazione e di stress che la notte mi avrebbe tenuto sveglio se non fosse stato per la festicciola fatta con gli amici storici, una sorta di incontro, prima di andare tutti in vacanza.
Metto piede in aeroporto, Bologna Marconi, tesissimo e alle prese con un check-in troppo difficile da fare per me che con la tecnologia ho ben poco a che fare. L’ansia mi divorava, volevo una sigaretta, ma essendo accompagnato da mio padre dovevo trovare un escamotage per fumare.
Finalmente aprono il check bagagli, lascio la valigia e raggiungo il controllo sicurezza.
Saluto mio papà, freddo e distaccato dalle cose da fare e dalla calca che mi risucchiava.
Spendo il volo fino a Monaco ascoltando musica e lasciandomi ai miei pensieri, cercando di immaginarmi chi può esserci a prendermi ad Amburgo, chi sarà la famiglia ospitante e se avrò preso tutto il necessario per la vacanza.
A Monaco cominciano le telefonate dall’Italia crescendo in me nostalgia, già nostalgia sebbene avessi lasciato casa solo da poche ore.
Nuovo aereo, nuovo aeroporto. Finalmente arrivo ad Amburgo; pren do la valigia ed esco.
Comincio a ricevere messaggi in inglese mai visti prima. Il primo contatto con l’esperienza, perché sebbene avessimo dovuto contattare le famiglie ospitanti prima, non avevo contattato personalmente la famiglia (può sembrare maleducato ma ho ricevuto troppo tardi il recapito, quindi mia madre ed io ci siamo trovati ad improvvisare una brevissima telefonata solo un paio di giorni prima della fatidica domenica).
Trovo finalmente Susanne in compagni degli altri ragazzi arrivati prima di me. C’è Ern, ragazza malesiana e Giorgia, ragazza italiana. Siamo lì ad aspettare che arrivino gli altri, in un silenzio rotto da brevi conversazioni di presentazione, veramente imbarazzanti per me, che non so per quale motivo non mi riusciva di parlare inglese.
Arrivano anche le ultime. Alcuni lasciano l’aeroporto con le famiglie, salutati con un “see you on sunday”, altri lasciano con Susanne, come me.
Con Susanne ero l’unico maschio e nel giro di pochi minuti di viaggio mi trovo tagliato fuori da ogni dialogo. Non mi restava che dormire un pò-
La tristezza cercava di imporsi, ma la voglia di sperimentare e conoscere cose nuove mi riportava tranquillo.
Dopo praticamente un giorno di viaggio e di attesamarrivo a casa della famiglia Kaiser, due signori con figli grandi, amorevoli ed ospitali.
Io, Martina e Giorgia ci siamo trovati subito ed è anche merito loro se il mio soggiorno è stato indimenticabile.
In famiglia ogni giorno era pieno di attività, gite o festicciole anche con le altre ragazze ospitate nella cittadina di Flensburg.
Tra le bellissime attività, la più singolare è stata la gita in barca. Siamo arrivati in Danimarca, che si trovava ad un braccio di mare, giusto per mangiare un hot dog!
Oltre alle ragazze italiane fanno parte del “Flensburg Dream Team” Noga, ragazza da Israele, la già citata Ern dalla Malesia, la ragazza taiwanese Joven e Byrsel, turca.
Con questa famiglia ho passato la prima settimana, un magnifico meltin pot aperto ad ogni cultura, religione ed orientamento sessuale. Ho imparato a vivere e convivere con tutte queste ragazze, integrandomi e diventando mascotte del gruppo.
La prima settimana è stata magica: mi svegliavo con il sorriso, non volevo mai andare a letto, volevo provare tutto, parlare tutte le lingue possibili, scambiare 2 parole con chiunque e le altre ragazze dovevano ricordarmi di chiamare casa.
Il venerdì la famigliola italiana incontrata in Germania si separa ed io mi ritrovo in una nuova famiglia da solo.
L’assenza delle ragazze si faceva sentire ma Anne Marie, dolcissima nonna ed insegnante mi ha permesso di parlare anche un po' di francese, lingua che parlo molto volentieri, quasi mia “confort language”.
Durante la prima settimana ho provato a tenere un videodiario, ma l’idea è colata a picco dopo il terzo/quarto giorno, non per mancanza di voglia o tempo ma perché volevo spendere più tempo possibile con la famiglia e le altre ragazze, scoprendo la cultura tedesca e riscoprendo quella italiana.
Domenica: le domeniche sono state davvero traumatiche perché di solito lasciavi un posto per raggiungerne un altro, abbandonando gente con cui avevi già un forte rapporto.
Dopo ore di viaggio arriviamo a Moezen, piccolo paesello rurale affacciato si di un lago.
Il campo era un luogo caratteristico con strutture con tetti di paglia, aree boschive ovunque e aree adibite per ogni sport pensabile.
Il nostro gruppetto è il primo ad arrivare dandoci tempo di esplorare la zona. Riceviamo magliette con loghi e colori Lions, da indossare in momenti specifici, devo dire, davvero belle.
Arrivano altre ragazze e comincio a pensare quanto mi avrebbero invidiato a casa se fossi stato l’unico ragazzo in un gruppo così grande con ragazze da tutto il mondo.
Ma neanche il tempo di chiudere la mia fantasia che entra un ragazzo poco più grande di me, americano, californiano e di nome Arsal.
Lo accolgo con caroselli che neanche l’anno in cui l’Italia vinse l’ultimo mondiale…

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Dopo Arsal arrivano Phindie, sudafricana, Daria (Darsha) dalla Russia, Elsa, Yeva, Leo Ramiz, Diego, Natasha, Mert, Alicia e Luien, ma anche Selima, un’altra Giorgia da Vicenza, o Liz.
Non sono gli unici questi ragazzi, se ne ho tralasciato alcuni chiedo venia ma verranno citati in seguito. Giocando a carte e con presentazioni molto basilari e ripetute varie volte, conosco la grande famiglia Lions con cui legherò a tal punto da sentirli fratelli e sorelle tuttora.
Le attività i primi giorni si concentrano nell’unire il gruppo e grazie alle uscite programmate riusciamo ad esplorare anche le cittadine limitrofe al campo.
A sorpresa ci annunciano che visiteremo Berlino, un viaggio nel viaggio.
6 ore di bus ci separano da Berlino. Il viaggio serve per rilassarsi.
I giorni a Berlino sono ogni giorno un’avventura. I tour guidati, a piedi ed in bicicletta, concentrano l’attenzione l’attenzione sul periodo storico della guerra fredda.
Il giorno libero è stato sfruttato dal mio gruppetto per vedere soprattutto “street art” e mostre di artisti giovani oltre per lo shopping.

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Quando siamo tornati al campo l’atmosfera cambiò leggermente: si è passati dall’eccitazione iniziale della prima settimana al desiderio di legare il più possibile con gli altri ragazzi.
Le attività della seconda settimana sono state più tranquille e più legate alla creatività, come il concorso fotografico per la foto più divertente ad Amburgo o la costruzione di un orologio a Marne.
Particolare è stata anche l’esperienza/percorso nel bosco a piedi nudi, utile anche per la stimolazione sensoriale.
Al campo, gli ultimi giorni, la competizione a gruppi si intensifica con tornei e giochi sia per il corpo che per la mente.
L’esperienza si è conclusa con un breve ricongiungimento con le famiglie che ci hanno ospitato durante la prima settimana, cucinando per loro e presentando loro i nostri paesi.
Piccola parentesi per il viaggio di ritorno in Italia: sono stato molto fortunato perché il volo fino a Monaco l’ho condiviso con Ramiz, il ragazzo palestinese, che mi ha aiutato a ritardare di un paio d’ore l’addio, almeno mentalmente, a tutta l’esperienza. Il volo da Monaco a Bologna ha fatto riaffiorare tutta la mia tristezza diventata agrodolce non appena ho messo piede in aeroporto ed ho rivisto la mia famiglia.

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