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ITALIA: what else?

Al ritorno dalla mia esperienza in Finlandia, mi è stato chiesto di scrivere le mie impressioni sullo scambio. Mi ci è voluto un po’ di tempo, riordinare le idee dopo un’esperienza così non è affatto facile. 
Non voglio farvi perdere tempo, per questo non vi annovererò tutti i posti meravigliosi che ho visto e le cose che ho fatto. È superfluo dire quanto ogni cosa mi abbia emozionato anche per un solo istante.
Perciò mi limiterò a scrivervi i miei ricordi.
Non te lo dicono mai che quando parti non torni più indietro. Non tutt’intera, almeno. Qualcosa di te, resta la. Chi lascia il cuore, chi lascia un paio di scarpe, chi lascia gli occhi, chi lascia i brutti ricordi. Tutti noi, inevitabilmente lasciamo qualcosa che ci appartiene in un luogo lontano, che poco a poco, con pacatezza o irruenza, ci ha inghiottito per un po’ di tempo.

In Finlandia, il cielo, ha un colore diverso, non si vergogna del suo colore. Al nord, il cielo è blu. È stata questa la prima cosa che mi ha colpito.
Quando vivi in un paese che non è il tuo, tutto cambia. La musica ha un altro il ritmo. E come in ogni ballo, è essenziale stare a ritmo, perché se danzi male, se ne accorgono. 
La Finlandia è una piccola meraviglia che tutti dovrebbero vedere. Ma io sono egoista, e vorrei tenermela per me perché ne sono gelosa. Voglio che resti vergine, incontaminata e meravigliosa. 
Li, tutti hanno visi duri e mani lunghe. Non ti conoscono, ma lo sanno che sei diversa. Non parli la loro lingua, non hai i loro colori, non hai la loro storia ed il loro passato, ma quando incroci i loro sguardi ti sorridono lo stesso. 
Quando ti incontrano, non ti baciano. Non li sprecano così, i baci. - Lo sanno loro, che i baci non sono promesse. - 
Sono un popolo curioso, tutti vogliono sapere qualcosa di te: come si chiamano i tuoi genitori e i tuoi amici, come si vive in Italia, cosa significa il tuo tatuaggio e cosa cerchi in Finlandia. 
Vogliono sapere qualsiasi cosa, anche solo per scambiare due parole in inglese.
Quando ti chiedono come ti chiami, ripetono il tuo nome più volte, come se fosse una parola nuova e bellissima che dopo un po’ perde il suo significato, ma non il significante. 
Ma in confronto ad un posto così, il tuo nome non può avere significato. Tu si, però. 
Ma guai, a tentare di scalfirli. I loro pensieri sono un lusso che pochi hanno il diritto di conoscere. 
Non ti è permesso scavare nella vita di un popolo che guarda al futuro con l’occhio lucido di chi pensa al passato. Non ti è permesso accedere ad informazioni private, a meno che non siano loro a volerlo.
Loro, però, ti guardano è vedono chi sei realmente. Non puoi fingere, se ne accorgerebbero. 
La Finlandia è una madre severa dagli occhi buoni. Ti accoglie in casa sua, offrendoti colori che non hai mai visto, caffè e torta di fragole. Però ti punisce, se le sporchi il pavimento.
Tiene il viso alto e ti costringe a guardarla con il naso all’insù, mentre tu vorresti solo abbassare lo sguardo e arrossire dalla vergogna, perché in confronto a questa bella signora, sei una bambina.
Proprio come ogni donna, ha un cuore che pulsa. E il suo cuore è Helsinki.
Helsinki, è una città spigolosa. Non lascia scampo, o corri con lei o ti lasci calpestare. 
La gente nella piazza del mercato, ti invita ad assaggiare le loro fragole, che giurano essere “le migliori”. E lo sono veramente, perché non hai mai mangiato in vita tua una fragola così dolce e succosa da farti brillare gli occhi. 
Helsinki è una città bianca e luminosa. Ma se scavi, le vedi anche tu le ammaccature.
Ad Helsinki, il sole tramonta. 
Non stupirti, Giulia, se un anziano in aeroporto ti chiede perché hai gli occhi tristi. Perché non sei mai stata più reale di così. 
Sei viva, sei fuoco, sei energia, sei sangue, sei lacrime, sei sorrisi, sei linfa e sei rabbia. 
D’altronde quando sei giovane, puoi concedere alla tristezza di attraversarti senza ristagnare.
False partenze, transiti, scambi. E non sai più cosa “scambi”. Un’amicizia nata nel viaggio, un numero di telefono, una fototessera. 
La Finlandia mi ha rapita quando ero distratta.
Cosa ho dato io a quella terra non ve lo dirò, ma ha portato via un bel pezzo di me senza accorgersene. 
Ha affondato le unghie nella carne, e ne ha strappata una quantità sufficiente da farsi ricordare.
Non basterà certo questa valigia piena di vestiti, liquirizia, musica, ossessioni, visioni, traffico, fiabe, io, te, tumulti, nuvole e tutto ciò che mi viene in mente, a farmi ritornare da questo viaggio.
Nessuno te lo dice che quando parti, non torni più indietro.
Dall’aereo, vedi quello che ti mancherà, vedi la terrà che ti ha inghiottito, e la saluti con un sorriso amaro e le lacrime agli occhi di chi non se ne vuole andare.

Colgo inoltre l’occasione di ringraziare Loris, Maria e tutti i Lions per avermi dato l’opportunità di partecipare a questo scambio che, sembra una frase fatta, mi ha dato maggior consapevolezza dei miei limiti e delle mie capacità. Mi ha fatto vedere il mondo con una luce diversa e mi ha fatto conoscere due famiglie meravigliose e dolcissime con le quali ho intenzione di mantenere i contatti per moltissimo tempo.