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ITALIA: what else?

Tre settimane in Finlandia.
A sentirlo dire sembra un’eternità. A pensare che siano appena finite sembra quasi surreale. Dopo un’attesa durata all’incirca sette mesi, sono partita verso un paese che si dice stia all’Italia come la notte al giorno. E appena ho uscito il naso dall’aeroporto di Helsinki ho anche capito perchè. 
Sono arrivata un sabato sera (anche se tutta quella luce avrebbe fatto pensare a un pomeriggio piuttosto che a una sera) e ho notato – anche con un po’ di sconcerto – una cosa.
La Sicilia e la Finlandia hanno più o menolo stesso numero di abitanti, verso i cinque milioni, e in Sicilia non è raro trovarseli tutti e cinque milioni tra i piedi, specialmente il sabato sera. 
In Finlandia no. 

Quando mi hanno portato alla stazione ho visto che per le strade non c’era nessuno. Oh, cielo, ho pensato. Questo posto I vuoto.
Dopo quattro ore di semicoscienza in un treno che sfrecciava in mezzo a foreste da Helsinki fino a SeinMjoki sono arrivata a destinazione a mezzanotte. Inutile dire che il sole era appena tramontato.
Il giorno dopo ci fu la grande presentazione: sia io che l’intera famiglia Nuolivirta eravamo un po’ inibiti, la situazione era un po’ insolita, e con una certa timidezza ci presentammo, anche un po’ impacciati. 
Loro erano sei: Il padre, la madre e quattro figli con l’et4 compresa tra i sei e i sedici anni. Io ero una sola ed evidentemente forestiera.

Ma dopo quel momento di imbarazzo, la nostra vita insieme incominciò. Condivisero la loro vita con me per due settimane, facendomi entrare nella loro routine, come se fosse ovvio avermi in casa. Mi fecero vedere tante cose, me ne insegnarono altrettante e mi fecero conoscere persone nuove e preziose come loro.
Dopo laghi, saune, minigolf, pesci, carne di renna, bowling, cottage sul lago, boschi dietro casa, MUlkky, nonni, zii, geocaching, mirtilli, fragole, piselli crudi, pasta alla carbonara fai-da-te e tanto altro, arrivò il fatidico giorno nove agosto. Fu dura per me quando mi accorsi che eravamo arrivati al secondo sabato, senza che me ne fossi neanche resa conto.
Li salutai non senza una certa tristezza, ma la tristezza fu presto sconfitta dalla mia curiosità di quello che mi attendeva: il camp.
Si, ero un po’ turbata di dover lasciare la famiglia Nuolivirta, ma ritrovarmi di nuovo con gente della mia età, nella mia stessa situazione era molto accattivante, quindi non fu così tragico come mi aspettavo.
Così ho conosciuto un pugno di persone nuove. Un gruppo di circa trenta persone, di età compresa tra i sedici e i ventuno anni, che venivano dai luoghi più disparati, anche fuori dall’Europa (unragazzo brasiliano, per esempio), ma che in fondo erano tutti come me: ragazzi! E, insieme ai quattro camp leaders – Jyri, Juuso, PMivi e Taina – e grazie all’organizzazione dei Lions, abbiamo vissuto una settimana davvero da sogno, diventando una grande comitiva... multietnica di buoni amici.
Ma come ogni buona esperienza, anche questa settimana finì, e per me finì esattamente la mattina del giorno diciassette agosto con occhi rossi, abbracci e pianti degni da stazioni ferroviarie. Fu davvero dura anche questa tappa inevitabile del mio viaggio, ma questo genere di saluti fa parte del pacchetto.
Tra l’altro sottolinea soltanto il forte legame che si era formato tra noi, quindi non ha solo il suo lato negativo...
In ogni modo, lasciata la comitiva, fui la fortunata che ebbe la possibilità di stare un giorno più del previsto grazie a un...incidente di percorso che mi fece perdere l’aereo da Helsinki a Monaco. E in questa occasione vorrei ringraziare di cuore il Lions Club che, oltre ad avermi dato l’opportunità di fare questa indimenticabile esperienza, mi ha anche salvato la pelle quando mi sono trovata in quella situazione particolarmente... frustrante per una neocosmopolita come me.
E così, dopo che fui salvata, si concluse il mio viaggio. Se adesso qualcuno mi dovesse chiedere qual'è stato il giorno più bello probabilmente non saprei rispondere. Non saprei neanche risponderealla domanda “che cosa ti I piaciuto di più della Finlandia?” o “che cosa ne pensi dei Finlandesi?”.
Probabilmente l’unica domanda a cui saprei rispondere sarebbe una sola e avrebbe anche un’unica risposta possibile:
“Ci ritorneresti?”
“Ovviamente si”.