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ITALIA: what else?

Il 13 di luglio sono partito da casa diretto all’aeroporto per prendere il volo diretto a Billund, per la mia prima esperienza di scambi Lions. Arrivato al check-in, ero abbastanza tranquillo, ma appena passati i controlli e salutato i miei genitori e nonni, è arrivata: è arrivata la paura di viaggiare da solo, andare in un altro Paese lontano da tutti i miei conoscenti e lontano da casa. Lo stomaco in subbuglio è durato solo fino all’arrivo a Francoforte, dove ho incontrato una ragazza italiana che sarebbe stata con me al campo: incontrandola, la paura del viaggio se n’è andata lasciando spazio alla curiosità e la voglia di arrivare il prima possibile in Danimarca, dove ero certo che avrei vissuto una delle esperienze più belle della mia vita. E non mi sono sbagliato. All’arrivo all’aeroporto danese, dove mi aspettava un freddo eccezionale in confronto alla media italiana delle temperature di metà luglio; mi venne a prendere la mia famiglia: Karen, il capofamiglia, 42enne poliziotto della cittadina di Varde; Heidi, la bellissima moglie di Karen , Frederik, 8 anni e Amelia ,10 anni. Durante il viaggio di circa 45 minuti diretto a Varde, città in cui avrei soggiornato con la mia famiglia, ero un po’ spaesato ma, appena arrivato a casa, mi sono sentito come fossi a casa mia in Italia: accolto calorosamente dalla cagnolina di un anno, Chica, ho sistemato tutto, fatto una chiamata a casa e ho finalmente iniziato a pieno la mia esperienza danese.

La mia settimana in famiglia è stata eccezionale: abbiamo visitato Varde, la loro città; visitato una ricostruzione di un villaggio vichingo a circa 45 km da casa, sono andato un giorno in servizio con Karen, a visitare un’isola simile a Mont Saint-Michel in Francia, poiché raggiungibile in macchina durante la bassa marea e l’ultimo giorno siamo andati a Legoland, il parco divertimenti più vecchio del mondo, circa 50 anni di attività, tutto su tema Lego; il gioco di costruzioni danese più famoso al mondo.
Devo ammettere che ero un po’ titubante sapendo la composizione della famiglia che mi aspettava : temevo che, avendo bambini relativamente piccoli, non mi sarei divertito molto; invece mi sono dovuto ricredere poiché i due pupi erano due tornado scatenatissimi.
il 20 del mese, dopo una settimana dal mio arrivo, siamo partiti per un viaggio di 2 ore e mezza diretti al campo di Adaleen, nei pressi di Hoerning: ero emozionatissimo e triste allo stesso tempo, poiché stavo per intraprendere una nuova avventura, ma avrei dovuto salutare la mia famiglia che mi aveva accolto come un figlio in casa loro. Appena arrivati al campo sono stato felice di ritrovare Elisa, la ragazza italiana incontrata a Francoforte, e Martin, un ragazzo bulgaro già incontrato per caso all’aeroporto. Fatte le prime presentazioni con gli altri ragazzi e salutati i familiari, abbiamo cominciato la vita vera e propria nel campo.

Essendo un campo in stile boarding-school americana, eravamo divisi in due case e io mi trovavo in quella rossa. Già dal pomeriggio del primo giorno abbiamo cominciato le attività preparate dallo staff. La mattina del giorno seguente siamo andati a fare team-building per cominciare a conoscerci meglio, visto che eravamo 30 ragazzi provenienti da mezzo mondo con alle spalle solo poche ore di convivenza; quel giorno venne scattata quella che poi sarebbe diventata la foto ricordo del Lions Denmark Camp E 2013.

Il 27 di luglio c’è stato il giorno delle famiglie: abbiamo organizzato varie attività per intrattenere le nostre famiglie che erano venute a passare una giornata ancora con noi; in tutto questo io ho fatto il presentatore delle varie esibizioni e sketch da noi preparati

Nei giorni successivi si sono susseguite varie attività molto coinvolgenti tra le quali la visita alla Fregata Jylland, la nave in legno più grande del mondo, alla relativa città e sosta in riva al lago situato in quella zona; un’escursione alla Sky Mountain, cioè il punto più alto, se così si può definire così, del Paese : 147 metri sul livello del mare. Se il mattino e primo pomeriggio erano organizzati e pianificati dai Leo locali, prima di cena ( a parer mio consumata ad un’ora improba: sei e mezza del pomeriggio  ) e la sera, ci veniva lasciata libertà. Per noi quello era un momento, anzi Il momento della giornata; poiché eravamo liberi di fare ciò che volevamo: alcuni, come me, andavano a giocare a pallacanestro in palestra con le casse per la musica a volume talmente alto che veniva avvertito anche da chi si trovava in cucina; ci si ritirava in camera o semplicemente ci si rilassava con chiacchiere varie ed eventuali. Verso le 10 di sera arrivava quello che per noi era un rito: il falò. Stanchezze, problemi, nostalgia di casa, tutto quello di negativo successo in quei giorni intorno a quel fuoco spariva, per lasciare posto a risate, chiacchiere, canzoni e storie che mi porterò dietro fino a quando ne avrò memoria.

Tutto è andato a meraviglia fino all’ultimo giorno: il giorno delle partenze. Dopo due settimane passate con quelli che posso definire fratelli e sorelle worldwide , i saluti sono stati una vera e propria pugnalata al cuore e all’anima; i primi a partire furono una ragazza da Israele, Tamara e il mio nuovo migliore amico, Martin, il ragazzo bulgaro incontrato per caso tre settimane prima in aeroporto. lasciato il campo alle 21.20 del 2 agosto, io sarei dovuto partire alle 9.30 del giorno seguente. Le dodici ore successive non ho chiuso occhio, poiché volevo salutare ogni singola persona che partiva portandosi dietro un pezzo del mio cuore.

Prima di partire, mi sono detto che per quanto sarebbe stato bello ed emozionante il campo a cui sarei stato assegnato, non sarei stato triste al momento della partenza, ma invece mi sbagliavo. Al momento della mia partenza, andando a prendere le valigie in camera ero tranquillissimo, appena varcata la soglia che mi avrebbe portato alla macchina, non sono riuscito a trattenere le lacrime: ho passato dieci minuti a salutare tutti quanti piangendo. Mentre la macchina si allontanava inesorabilmente dal campo, siamo riusciti a farci una promessa solenne, in mezzo alle lacrime di tutti: che entro un anno ci saremo rivisti tutti.

Questo viaggio mi ha cambiato la vita in meglio; detta all’inglese : “I had the time of my life”. Ricordate la promessa che ci siamo fatti? Devo solo più prenotare i biglietti, ma a inizio agosto il Camp E 2013 danese si ritroverà ufficialmente in Olanda per una settimana. Cosa posso dire ancora? Here we gooooooo!!!