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ITALIA: what else?

 

 

Sembrava essere un sogno prima ancora di partire, con l’incognita del luogo di residenza, della famiglia ospitante, dell’ultima settimana di camp, di eventuali compagni da altre nazioni.

Eppure ero ben lontano dall’immaginare quello che veramente avrei passato. Quando si pensa agli States difficilmente vengono subito in mente immagini dell’Iowa, o della maggior parte degli Stati Centrali, piuttosto che pensare a NY,LA, Miami, Chicago. Questo mio modo di pensare è cambiato radicalmente: Stati Uniti per me ora significano sì le grandi metropoli ma la prima cosa a venirmi alla mente è l’Iowa.

L’Iowa è uno stato di immigrati, il tipico “melting pot”; tanto che non bisogna andare più indietro di 1 o 2 generazioni per risalire a paesi europei negli alberi genealogici. Gli stessi genitori del mio host father erano di origine tedesca. Sembra che in qualche modo questa tradizione ci abbia uniti ancor di più, soprattutto nei pomeriggi di pioggia spesi in casa a parlare di storia americana del ‘900. Non mi sarei mai stancato di ascoltare Greg Peiffer mentre teneva i suoi discorsi e racconti sulla Seconda Guerra Mondiale e sulla Guerra Fredda. La prima cosa che ho pensato è stata: questi americani sono proprio fieri della loro nazione, dovremmo prendere esempio da loro!

Mi sono abituato in fretta al paesaggio circostante, completamente diverso dal nostro e così bello nella sua semplicità quasi disarmante: chi mai avrebbe detto che avrei dovuto attraversare un oceano e percorrere quasi 8000km per apprezzare a pieno un campo di gran turco o uno di soia? Per apprezzare enormi e solo apparentemente monotone praterie?

Mi sono innamorato della famiglia ospitante, questo è fuori discussione. Mi hanno accolto come un figlio dal primo momento che mi hanno visto in aeroporto e non mi hanno mai fatto mancare niente, sempre preoccupati, sempre attenti che fossi contento, che non mi mancasse casa ( e fidatevi se vi dico che non ci ho pensato neanche un secondo ), che facessi esperienze nuove; mi davano una grande libertà in fatto di scelta dei posti da andare a visitare, e gliene sono molto grato perché così facendo ho potuto vedere luoghi che avevo fino a quel momento solo immaginato che avrei visto un giorno: la casa natale di John Wayne, i ponti di Madison County, una partita di baseball dei Kernels di Cedar Rapids, perfino un Car Show! Non avrei mai immaginato una famiglia migliore e soprattutto così felice nel suo mondo, felice per le cose semplici che ci sono in Iowa, felici che tutto ciò che conti sia il bene della famiglia e del prossimo. Non smetterò mai di ringraziare i Lions per avermeli fatti incontrare.

Il giorno perfetto? Era una domenica; proprio dopo la tanto attesa partita di baseball siamo andati a casa della famiglia di Christine, la figlia maggiore dei miei host parents e abbiamo passato il pomeriggio e la sera lì. Cosa lo rese perfetto? La famiglia ed in particolare i bambini: i figli di Christine che mi portavano per mano sul tappeto elastico, a giocare a pallone, a baseball, semplicemente a correre intorno alla casa; e ancora: il marito di Chris che mi chiedeva consigli sul vino, dando per scontato che essendo italiano me ne intendessi, Briana (la maggiore delle figlie) che voleva che le insegnassi delle parole in latino. Quella giornata, quelle persone, quei luoghi, quelli saranno davvero per sempre il mio “sogno americano”.

Incredibile anche la settimana di camp organizzata dal Lions per principalmente due motivi: il primo è ovviamente il potersi conoscere con i ragazzi dell’Exchange Program provenienti da tutto il mondo; il secondo è il gran numero di nuove esperienze che ci sono state proposte: dal tiro con l’arco all’arrampicata, dal canottaggio al golf. Quest’ultime due in particolare sono quelle che ho apprezzato di più perché poco comuni qui in Italia: il giro in canoa è stata una delle cose più belle che abbia mai fatto; non solo perché ci siamo persi lungo il fiume e per questo è stato molto più eccitante ma anche perché mi sono sentito davvero felice di essere in quel posto in quel momento, nonostante la fatica del remare ( due su quattro per canoa remavano ed essendo sulla nostra due maschi e due femmine siamo probabilmente stati gli unici a non aver mai cambiato la coppia che remava durante tutto il tragitto ) e il caldo tenuto a bada solo dall’acqua; per non parlare di quanto mi sono sentito americano nel giocare a golf e spostarmi da una buca all’altra con la golf car.

All’inizio non capivo la rigidità di alcune regole del camp ma dopo qualche errore ho capito di quanto fosse importante rispettarle perché grazie a quelle regole questi programmi perdurano nel tempo. Certo è che l’esperienza non sarebbe stata la stessa se non avessi partecipato al camp, anche se mi sento di poter affermare che, almeno considerando il tempo meraviglioso che ho passato con la mia host family, io ho preferito le 3 settimane in famiglia a quella di camp.

Un altro aspetto molto importante che ho fatto mio tra andata e ritorno è stata l’indipendenza. Sicuramente ho avuto modo di concentrarmi anche su altri aspetti da migliorare come l’inglese o il modo di relazionarmi, di fare amicizia con persone di culture completamente diverse, ma quello che più di ogni altra cosa ho potuto mettere alla prova è stata la mia capacità di prendere decisioni in situazioni più svariate e la prova del nove sono stati gli aeroporti: all’andata Bologna-Londra-Chicago-Des Moines, al ritorno: Des Moines-Chicago-Madrid-Bologna .. era la prima volta che prendevo un aereo da solo! Considerando i diversi scali ad andata e ritorno, i cambi di terminal, il controllo della valigia e il suo successivo reimbarco al primo scalo negli US all’andata, la coincidenza persa a Madrid al ritorno e quindi l’attesa di 6 ore successive prima di tornare a casa, una lingua straniera come unico mezzo di comunicazione nei più grandi aeroporti al mondo.. direi che posso ritenermi soddisfatto di non aver perso niente e di non aver perso aerei per mia colpa ( a farmi perdere la coincidenza a Madrid è stato un ritardo di 1 ora e mezza al decollo da Chicago per il mal tempo)!

In conclusione direi che questa esperienza mi abbia molto cambiato aprendomi orizzonti, dandomi nuove idee, conoscenze, relazioni, migliorando la mia indipendenza, le mie capacità cognitive, il mio inglese. Spero il programma di scambi continui affinché tutti i ragazzi possano provare quel che ho provato io in Iowa. Anche i Lions in Iowa mi hanno trasmesso la grande importanza che questo ha per loro e i saldi princìpi che li muovono.

Ancora grazie a tutto il Lions Club per l’occasione.