Il nostro sito fa uso di cookies per migliorare la tua esperienza di navigazione. Continuando a navigare accetti l'uso di questi file.

ITALIA: what else?

"Don't cry because it's over, be happy because it happened"
Con questa frase si è conclusa l'esperienza più bella della mia vita. Trentuno ragazzi abbracciati in cerchio, cercando di non lasciarsi andare, di non farsi separare dalle migliaia di kilometri che dividono i loro paesi d'origine, sorridenti e felici di essersi incontrati. Li ho visti piangere e ridere, divertirsi, e insieme abbiamo costruito la grande rete che ci unisce nella promessa di rincontrarci un giorno.

Questa è la mia Australia.

 

Sono arrivata a Sidney senza avere idea di che ore fossero, ho trascorso tre settimane guidata dalla mia dolcissima host family, Ray e Margaret Elsey, due persone meravigliose che con la loro esperienza hanno guidato la mia curiosità su e giù per la Central Coast. Mi hanno vista sgranare gli occhi incredula davanti alla Opera House e ridere divertita davanti ai più strani animali australiani. Ho avuto il piacere di conoscere il Lions Club di Gwandaland: gente disponibilissima che si spende per la comunità. Proprio il senso della comunità è ciò che ho più appreso nelle settimane con loro. In uno Stato privo di veri paesi, come li intendiamo noi, la comunità è la più forte unità su cui il cittadino può contare. Durante le tre settimane in host family ho passato molto tempo anche con la famiglia Magee sorprendendomi sempre più di quanta gente fantastica sia possibile incontrare nel mondo. Enumerando le differenze con l'Europa, ascoltando le loro storie e nutrendo i miei occhi curiosi, sono passate tre settimane.

 

La mattina in cui ho preso le mie cose e mi sono trasferita a Summerland Point, nella guest house in cui si sarebbe svolto il campo, non avevo idea di cosa aspettarmi. Per tutto il giorno erano arrivati ragazzi di cui non ricordavo i nomi, facce nuove, sconosciuti da tutto il mondo, ma nella casa si respirava sin dal primo momento un'aria di profonda familiarità. Tutti dappertutto, in cucina, nelle camere, nel salone. La casa si trova sul lago Maquarie, con un grande prato davanti, alberi e magia. Già al tramonto siedevamo tutti insieme al lago, guardando il cielo colorarsi e il sole sparire. Dal momento in cui, la mattina dopo, ci siamo svegliati tutti quanti con la musica a tutto volume, è iniziato un vortice: attività, gite, amicizie, giochi, sharkbeit, just do it, she wasn't ready, ‪#‎GiuliainAustralia‬, can you feel the love tonight, la chitarra, le nostre voci, i camp leader e le punizioni, le risate ad alta voce, di notte o di giorno, il delfino, I have a plane e il tentato furto di un coccodrillo, la buonanotte alle 4 e il buongiorno alle 7, la scuola d'italiano aperta giorno e notte, la carbonara alle due del mattino, e la consapevolezza che quella settimana ci avrebbe cambiato la vita per sempre. Senza saperlo, piano piano, ognuno stava incidendo il proprio nome nel mio cuore. Ci siamo goduti ogni momento, al sapore di caramello e the caldo, con la musica in sottofondo, sorridendo tutto il giorno e camminando a piedi scalzi, decidendo di essere il camp migliore del mondo (perchè c'eravamo noi, naturalmente), sentendoci a casa nonostante fossimo dall'altra parte del mondo. La fine del camp è arrivata silenziosamente, svegliandoci presto mentre dormivamo tutti in cerchio nella living room, con gli occhi stropicciati e la mente colma di immagini. Non so esprimere la gratitudine che ho provato nei confronti di tutte le persone che ci hanno aiutati e assistiti nel corso della settimana, le persone che ogni anno fanno sì che il Lionscamp Kookaburra esista. Pam Bennettin primo luogo, il mio host dad Ray Elsey e tutti gli altri. Abbracciando queste persone, prima di partire, ho provato a spiegar loro la mia gratitudine, ma non credo di essere riuscita a farlo a sufficienza. La mia gratitudine va anche alla dottoressa Stefania Trovato, all'avvocato Nunzio Buscemi e al professore Dario Vitale, per avermi dato la possibilità di vivere tutto questo. 
E poi ci sono loro, le maglie della mia rete che ricopre tutto il mondo. I ragazzi con la giacca blu che ridono e che ricorderò sempre come un gruppo che si avvicina ballando sul prato, con una cassa trolley e il naso in su, con tanta voglia di essere sè stessi e di vivere insieme dall'altra parte del mondo, tutti lì, coperti dalla nostra southern cross.

 

GRAZIE AUSTRALIA