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ITALIA: what else?

Questo in Massachusetts è stato il mio quarto Lions camp e a malincuore devo ammettere che sicuramente è stato il peggiore.
Le aspettative prima della partenza erano alte considerando i precedenti camps, considerando la meta e considerando il magnifico programma che ci avevano promesso per la realizzazione del quale ciascun ragazzo ospitato ha versato un contributo di 700$.
I primi due giorni in famiglia sono stata benissimo, poi è stata una delusione continua: il terzo giorno ci hanno portato (la mia host mother era molto amica di altre due host mothers quindi ci muovevamo tutti insieme) a fare la canoa, è stata un’esperienza tremenda. Ero in canoa sola con un’altra ragazza italiana, era la prima volta per entrambe, non avevamo idea di come si guidasse una canoa e, non avendo un istruttore con noi, andavamo sempre a sbattere ai margini del ruscello con tutte le piante, gli insetti e le ragnatele che ci venivano addosso. Così per 15 km. Così per 5 ore. Quando alla fine del percorso, stremate, ci siamo permesse di dire che l’attività non ci era piaciuta tanto le host mothers ci hanno iniziato a fare la guerra mandando mails agli organizzatori Lions italiani scambiando la nostra sincerità per maleducazione.

Ci avevano proposto di andare in giornata a New York e di vedere la partita dei Red Sox, ma sebbene noi ragazze ci fossimo offerte di pagare noi stesse il biglietto, alla fine non ci hanno portato in nessuna delle due parti, ribadisco da loro proposte.
Ci hanno poi proposto di andare a vedere una partita di baseball di una squadra minore di Boston e, per fare qualcosa di realmente americano, di cucinare i marshmellows sul fuoco, ma neanche queste due promesse sono state mantenute.
Delusione totale.
La casa era sporchissima e il cibo che avevamo in casa era in scatola o precotto.
Riponevo tutte le mie ultime speranze nel camp, ma purtroppo neanche quello è stato all’altezza. La struttura nella quale dormivamo era sicuramente più confortevole rispetto a quella dei miei precedenti camps ma l’organizzazione era pessima: ci facevano fare colazione alle 7.30 ma puntualmente partivamo alle 9.30 per ritardo dei camp leaders e di conseguenza non riuscivamo a fare tutte le attività in programma per la giornata.
Sebbene fossimo andati parecchie volte a Boston, non abbiamo mai, e dico mai, vissuto la città, non abbiamo mai visto il centro di Boston, mai fatto una passeggiata per le sue strade.
La cena era alle 18 pertanto tornavamo al college verso le 20 e da quell’ora in poi la giornata era finita.
I camp leaders non hanno organizzato nessuna attività per farci conoscere tra noi ragazzi, per farci imparare i nomi a vicenda e instaurare amicizie, ma poi si lamentavano se noi italiani (ne eravamo ben 5) passavamo del tempo insieme.
Avevano sicuramente preso di mira gli italiani, cercavano di separarci, ci richiamavano se parlavamo tra di noi in italiano peró lasciavano fare queste stesse cose ai ragazzi di altre nazionalità (altro che “creare uno spirito di comprensione tra i popoli della terra”!!).
Un giorno addirittura, come “punizione” per aver fatto presente che saltavano le attività del programma (per il quale avevamo pagato!!), i camp leaders hanno portato soltanto noi 5 italiani a vedere due musei mentre gli altri erano a fare shopping.
Al campo hanno anche riproposto l’attività della canoa, e considerando che gran parte dei programmi precedenti erano rimasti sulla carta per i continui ritardi e la disorganizzazione dei camp leaders, in tanti abbiamo chiesto, inutilmente, di fare qualcos’altro. Risultato: in 9 su 16 ragazzi del campo siamo rimasti a terra, in attesa, a non fare niente.
Ma il culmine lo hanno raggiunto l’ultimo giorno. Invece che salutarci nel migliore dei modi, per l’ultimo pasto ci hanno consegnato il cibo avanzato durante tutta la settimana del camp: cibo che era ormai pietra, pezzi di panini, ecc. e per concludere ci hanno accompagnato all’aeroporto alle 13 quando noi avevamo il volo alle 22, ben 9 ore prima della nostra partenza! Di conseguenza siamo stati bloccati 6 ore nell’area prima dei controlli senza poter fare niente (l’aeroporto di Boston è piccolo) perché ancora non aprivano i check-in. Tra l’altro ció non è nemmeno giustificabile dicendo che magari hanno accompagnato tutti noi ragazzi insieme e che quindi dovevamo rispettare gli orari delle partenze degli altri. No! Ci hanno accompagnati all’aeroporto in macchina, e nella macchina eravamo solo noi 5 italiani che avevamo il volo tutti insieme!

Sono cresciuta per 18 anni a pane e Lions in quanto figlia di past governatore e presidente del comitato organizzatore della XVIII Conferenza del Mediterraneo e nipote da parte di nonno e di zio Lions.
So quanto sia valido questo progetto degli scambi internazionali, so che non è un viaggio turistico e che si regge sul volontariato e sul lavoro di molti, ma una preghiera ai Lions che mi leggeranno: non permettete che altri ragazzi vivano un’esperienza così negativa, non permettete che il lavoro di tanti Lions venga vanificato da simili persone.
Questo campo del Massachusetts è assolutamente da rivedere. 

P.S. Inutili e inefficaci sono stati gli interventi durante il camp dall’area leader Stefania Carpino.