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ITALIA: what else?

La mia esperienza in Sri Lanka è stata inaspettata sotto tutti i punti di vista:
ho saputo di quest’opportunità due giorni prima della fine delle iscrizioni ed ho preso subito la palla al balzo senza pensarci più di tanto, e grazie all’estrema disponibilità dei responsabili degli scambi giovanili YEC sono partita…..
16 Gennaio2008 alle ore 15:00, dopo una notte in bianco sorretta da mille preoccupazioni e dubbi su quello che mi aspettava, sono partita da Venezia da sola con il freddo e i miei pensieri.Ero veramente allo sbaraglio, non sapevo assolutamente nulla di quello che mi aspettava e non conoscevo bene nessuna delle persone che avrebbero preso parte a quest’esperienza con me .
Dopo uno scalo notturno a Dubay di quattro ore rigorosamente senza chiudere occhio; alle ore 12:30 (ora cingalese ,  7:00 ora italiana)  del 17 Gennaio  sono arrivata in una nuova dimensione…


Ricordo ancora la sensazione di quando sono uscita dall’aeroporto, la prima cosa che mi ha accolto è stato il piacevole calore del sole, non so come mai mi è rimasta così impressa quest’emozione, forse perché è stato veramente strano trovarsi magicamente avvolti dal sole lasciando l’inverno a sole 20 ore di distanza.Uscita dall’aeroporto ho trovato e conosciuto Manjula il coordinatore e il responsabile di questo scambio giovanile e  i ragazzi con cui ho vissuto a stretto contatto per 14 giorni. Il gruppo composto da: 7 ragazzi provenienti da diverse parti dell’Austria (e non tutti si conoscevano tra loro)4 ragazzi da Honk Hong2 ragazzi Tunisini, 1 ragazza Croata, 1 ragazza della Repubblica Ceca, Martina che avevo già conosciuto in quanto aveva partecipato con mio fratello all’esperienza in Mongolia dell’estate scorsa, ed è stata ospite a casa nostra per qualche giorno.In fine 3 ragazzi italiani, tra cui naturalmente , me e due ragazzi di Firenze che avevo già contattato telefonicamente prima della portanza.
Dopo una veloce presentazione i nostri bagagli sono stati caricati in una corriera e il gruppo è stato riunito in un’altra piccola corrierina che  si rivelerà il nostro trasporto fisso per la lunga avventura.
Da lì siamo stati accompagnati nelle rispettive famiglie, dove gran parte di noi si sono trovati ad avere come host family, dei “genitori singalesi” della nostra stessa età e in alcuni casi anche più piccoli di noi…la mia host family è spettacolare, il mio”babbo” (di 28anni) e la mia “mamma” (di 26anni) (cosi soprannominati durante l’esperienza) mi arrivano alle spalle,  diciamo che il mio primo impatto con loro è stato notare che la mia valigia era  grande quasi quanto il mio babbo…non serve dire altro..Fin da subito mi sono resa conto il grande valore che hanno le persone che ci hanno ospitato, solo a ripensare a tutto quello che ho visto e vissuto mi vengono i brividi, mi mancano un sacco quelle persone e tutto l’affetto ricevuto.
Questo viaggio è stato carico di emozioni e di scoperte soprattutto interiori.
Fin dall’inizio l’esperienza è stata piena di emozioni  e l’ho vissuta con una tale carica di energie e di adrenalina che devo essere sincera ne sento veramente la mancanza..Il secondo giorno, 18 Gennaio, abbiamo visitato la città che ci ospitava Colombo, dando ampio spazio allo shopping, che è stato il protagonista nella nostra prima giornata cingalese.Dal 19 al 21 Gennaio ho vissuto l’esperienza più incredibile della mia vita, in questi giorni mi sono veramente stupita di me stessa, dopo quest’esperienza posso veramente dire che sono in grado di fare qualsiasi cosa..In questi giorni, abbiamo vissuto l’esperienza del camp, ovvero: per  tre giorni abbiamo dormito in tenda a stretto contatto con un gruppo di 50 ragazzi cingalesi facenti parte dei lions da cui eravamo ospiti.
Coordinati dai responsabili siamo stati divisi in cinque gruppi misti da 10- 15 persone circa, con i quali abbiamo svolto le più svariate attività: rimanere “Lost” nella Giungla (posto di cui nonostante i disagi mi sono letteralmente innamorata),togliersi di dosso la sanguisughe che non perdevano l’occasione di attaccarsi al primo pezzo di carne che passava,  ricoprire le ferite provocate da queste strane e “simpatiche “ bestioline con cenere e sale per evitare infezioni; grattugiare manualmente il cocco con un marchingegno fatto a mano dai locali; buttarsi dalle rocce (modalità scivolo); attraversare i torrenti con l’acqua fino al petto e con gli zaini sopra la testa  per passare nell’altra sponda (perché era troppo semplice prendere il vialetto che era a dieci metri da noi); fare rafting, nell’unica giornata di pioggia e vento, nei torrenti, evitando le rocce , che però in alcuni casi, alcune spuntavano dal nulla e altre servivano alle nostre teste per appoggiarsi (con naturalmente i caschetti di protezione), evitando cosi di far ribaltare tutto il gommone, equipaggio compreso; ritornare dall’esperienza mozzafiato del rafting in 25 in una jeep, per evitare di fare più giri..
Dopo questa carica di adrenalina, alla fine del camp  ci siamo spostati verso Nord, a Dambulla, Eco Resort, dove il  22 Gennaio siamo stati a visitare la “Tea Factory”  , la più famosa fabbrica  di produzione del tea cingalese nella quale ci hanno spiegato anche tutte le diversa lavorazioni e i diversi tipi di tea, ma in questo momento sarebbe troppo lunga da spiegare.La cosa che mi ha sconvolto di più in questo posto è stato scoprire lo stipendio mensile medio di un dipendente  che è pari a 1.000 rupie (ovvero 6,90€) che è anche considerato uno dei più alti per quanto riguarda i compensi medi nel settore terziario.
Nel pomeriggio siamo stati a Dambulla, a visitare il “Temple of Tooth”, non ho parole per descrivere questo posto, non tanto per le decorazioni, per le statue o per l’ambiente ma per l’atmosfera e per il rispetto che fedeli hanno nei confronti del Budda, per l’infinità di regali e di fiori che si trovano all’interno del tempio.Il  23 gennaio abbiamo visitato la Seegiriya Fortess, un palazzo stratosferico, costruito per un’ Imperatore, se non ricordo male, e per le sue mille concubine, su una roccia grandissima che se guardata frontalmente ha le sembianze di un’elefante.I giorni successivi, con una notte di ristoro nelle rispettive famiglie, siamo ripartiti questa volta verso sud, verso il mare, dove lungo la strada abbiamo trovato ancora i segni incisivi dello Tzunami  del 2006.
Arrivati a Hikkaduwa, nell’ albergo che si affacciava sul mare, siamo tornati bambini, senza metterci d’accordo, solo con la conferma di uno sguardo, (giusto per far capire l’armonia del gruppo) dopo aver visto i coralli da piccole barchette, ci siamo fiondati in mare a giocare e li, il 24Gennaio abbiamo atteso i sorprendenti colori del tramonto cullati e accarezzati dalle onde..
Tornati definitivamente al campo base, ovvero dalle rispettive famiglie, ci siamo regalati un pomeriggio di estremo relax, prima di tornare alla routine quotidiana e alle nostre rispettive vite frenetiche.E poi che dire..
Ci siamo dovuti salutare..
È incredibile ancora adesso, a mesi di distanza, solo a parlare di questo viaggio mi vengono ancora i brividi, come preannunciato all’inizio, questa vacanza è stata veramente inaspettata, sotto tutti i punti di vista, mi rendo conto di essere stata davvero fortunata di aver vissuto un’esperienza del genere, soprattutto per come ce l’hanno fatta vivere le persone che ci hanno ospitato.
Lì si vede veramente di tutto dalle famiglie con decine di servitori, dov’eravamo noi,  a gente che dorme per strada oppure nei tuc-tuc (i loro taxi..) e che non potendosi permettere altro,  fa la “spesa”, nei baracchini che si trovano per strada, che con 40°C sotto la battuta del sole, vendono frutta, verdura, carne e pesce (merce molto gradita soprattutto dalle moschee dagli insetti in generale)