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ITALIA: what else?

Il mio viaggio in Mongolia è stata senza dubbio un’esperienza singolare, e devo dire molto positiva.
Fino ad adesso avevo visitato prevalentemente paesi europei, per cui mi incuriosiva visitare un paese diverso dai soliti, e dal momento che mi era stata offerta l’opportunità di visitare la Mongolia ho deciso di approfittarne.
Le cose che mi sono rimaste più impresse di questo paese sono i paesaggi incontaminati e la gentilezza e disponibilità delle persone, aspetti che in Italia non sono facili da trovare. I primi dieci giorni sono stata ospite di una famiglia molto gentile, e passavo la maggior parte del mio tempo con la loro figlia maggiore, la quale mi ha portato a vedere vari posti a Ulanbator e dintorni. Mi hanno anche portato nella loro casa di campagna, e lì ho potuto ammirare una natura incontaminata e la semplicità e serenità delle persone da me incontrate.
C’erano poi molte persone che, benché non sapessero l’inglese, avevano comunque molta voglia di comunicare con me e mi chiedevano molte cose sul mio paese, sullo stile e il costo della vita, e sulla mentalità dell’Italia.

Un altro aspetto della Mongolia che non può non saltare agli occhi è l’incredibile idolatria che la popolazione nutre per Gengis Khan, il loro mito nazionale: infatti nei musei e in giro per la capitale ci sono vari monumenti che lo ricordano. Non posso negare però di aver avuto anche dei momenti negativi: prima di partire infatti pensavo di partecipare a un campo organizzato dai Lions come quelli a cui avevo partecipato in precedenti scambi, invece mi sono ritrovata per una settimana in un normale campo per la gioventù un po’ fuori Ulanbator, e mi hanno messa in un gruppo di 30 persone circa che però erano tutti mongoli. In sostanza lì in mezzo ero l’unica persona non asiatica! Inizialmente mi sentivo smarrita perché vedevo che tutti parlavano in mongolo e non riuscivo a partecipare alle attività, ma poi per fortuna i ragazzi si sono mostrati disponibili nei miei confronti e alcuni si sono offerti di farmi da traduttori. Per tutta la durata del campo ho cercato di mantenere il buon umore e di farmi coinvolgere il più possibile, ma non è stato sempre facile: innanzitutto il campo era disorganizzato ai massimi, nel senso che ognuno andava per i fatti suoi, e non c’era per niente spirito di gruppo.
Una caratteristica purtroppo tipica dei mongoli è il fatto di non riuscire ad essere mai puntuali (non che in Italia le cose siano molto diverse!) e anche il fatto di cambiare idea e programmi ogni due secondi, per cui io non sapevo mai cosa avrei fatto il giorno dopo.
Nondimeno penso che sia stata un’esperienza unica che mi ha fatto imparare molte cose e a conoscere una cultura molto diversa dalla mia, e sicuramente mi ha arricchita molto per il futuro.