Il nostro sito fa uso di cookies per migliorare la tua esperienza di navigazione. Continuando a navigare accetti l'uso di questi file.

Dopo oltre trenta ore di viaggio, sono finalmente arrivata all’aeroporto Narita di Tokyo, dove ad aspettarmi c’era Kay, il mio primo host father, con in mano un cartello con scritto “Welcome Vittoria”. In un attimo tutta la stanchezza del viaggio è svanita, poiché è subentrata l’emozione, l’emozione di prendere lo Shinkansen, quel famosissimo e velocissimo treno di cui avevo tanto sentito parlare. Una volta arrivata ad Hachimantai, ad accogliermi c’era il resto della famiglia, la quale è stata molto gentile con me fin da subito, anche se purtroppo era spesso impegnata per il troppo lavoro, quindi, durante la prima settimana, non ho avuto modo di visitare molti luoghi. In ogni modo, ho fatto lunghe passeggiate nella foresta, ha aiutato nelle faccende domestiche, ho indossato la yukata al festival di Hachimantai, abbiamo fatto dei bellissimi BBQ. Un problema che però inizialmente mi è pesato abbastanza, è il fatto che nessuno della famiglia e delle persone che ho conosciuto parlava l’inglese, quindi abbiamo deciso di utilizzare Google Translate.

Dopo una settimana ho cambiato famiglia, ma non città. Mi sono bastate poche ore per innamorarmi dei Kawamura (è questo il nome di questa nuova splendida famiglia). Essa è composta da 12 persone: il nonno, la nonna, i due figli con i rispettivi moglie e marito e sei adorabili nipotini, che andavano dai quattro ai quattordici anni. Anche loro hanno fatto di tutto per farmi sentire un membro della loro famiglia; mi hanno viziata e coccolata. Insieme a loro ho visitato le grotte di Ryusendo, un luogo davvero magico, e siamo andati a svariati festival giapponesi, con fuochi d’artificio, musica ed abiti tradizionali. Il tempo vola quando si sta bene e aver dovuto dire “goodbye” a questa magnifica famiglia mi ha spezzato il cuore, perché lì ho trovato la nonna dei miei sogni, tanti piccoli fratellini, un nonno super simpatico e dei genitori innamorati dei propri figli. Fortunatamente però “goodbye” non vuole dire solamente “addio”, ma anche “arrivederci”.

Dopo due settimane in famiglia, ho trascorso tre giorni in campus a Yamagata. Il campus è durato veramente poco, però mi sono divertita molto. Ho finalmente avuto modo di parlare inglese, poiché eravamo sette ragazzi provenienti da paesi differenti: Italia, Francia, Finlandia, Olanda, Cina, California. Durante questi giorni abbiamo visitato il tempio di Yamadera Risshakuji, nel quale abbiamo anche praticato la meditazione con i monaci Zen, abbiamo passeggiato negli hot springs, abbiamo assistito alla cerimonia del thè verde e infine abbiamo imparato a cucinare dei dolci giapponesi. Anche se il campus è durato solamente tre giorni, ho legato molto con gli altri, in particolare con la ragazza francese e con quella californiana.

Una volta terminato il campus, ho trascorso gli ultimi dieci giorni ad Ofunato nella mia nuova famiglia. Anche qui mi sono trovata benissimo, soprattutto perché grazie a loro ho visitato davvero tantissimi luoghi che desideravo vedere, come Goishi Kaigan Beach, svariati templi, Sendai (dove sono andata all’ennesimo festival, indossando la yukata) e Tokyo. Sono rimasta ammaliata da Tokyo e dalla sua bellezza: quando ho visto lo Skytree per la prima volta ero davvero emozionatissima e mi sono venute le vertigini.

In quel mese che ho trascorso in Giappone ho visto tanto e imparato molto; ho indossato più yukate che vestiti; ho mangiato il pesce più buono del mondo; ho capito che la lingua non è l’unico strumento per comunicare e per costruire bellissime amicizie con le persone. Ritornando in Italia, ho portato con me degli splendidi ricordi che custodirò per sempre. Posso dire di aver lasciato un altro pezzo del mio cuore in un altro posto meraviglioso…un giorno tornerò a riprendermi il mio pezzo di cuore!

Sarò per sempre grata ai miei genitori, alle famiglie che mi hanno ospitato e a tutte le persone che hanno fatto sì che questo viaggio fosse indimenticabile.