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Mai e poi mai avrei pensato che avrei potuto amare così tanto andare in capo al mondo. Il ventaglio di mete tra cui scegliere, era fin troppo ampio, e optare per solo una destinazione è stato abbastanza difficile. Giappone, Norvegia, Canada, Svezia… e Australia. La mia prima reazione è stata tutt’altro che entusiasta, ad essere sinceri. Temevo che il clima invernale non mi avrebbe permesso di fare molto, ma mi sbagliavo.

Prima meta: Perth, in una famiglia dove mi sono sentita a casa, pur essendo a 13486.766 km di distanza da essa. La mia host family, era italo-australiana, ma in casa si spiaccicavano ben poche parole in italiano. Mi hanno accolto Teresa e Dominic, i miei “genitori australiani”, con un sorriso così confortevole, che solo a ripensarci è impossibile non abbozzare un sorriso. Hanno fatto di tutto per farmi stare a mio agio, per farmi vivere due settimane da vera aussie. Ho conosciuto parenti e amici vari, e sono stati sempre tutti molto più che contenti di vedermi. 


Ho legato tanto, con tutti, infatti separarmene è stato drammatico, devo dire. Mi hanno segnato profondamente, e mi è dispiaciuto dire addio dopo solo 2 settimane. 
Ho amato il fatto di aver potuto visitare una città non da turista, ma da viaggiatore. Cogliere le abitudini, le usanze, le tradizioni, il cibo, la cultura, vedere semplicemente le relazioni, le carriere lavorative ed universitarie che si possono intraprendere, conoscere coetanei australiani, capire le fondamenta di una società geograficamente così distante, ma che in realtà ci è molto vicina. Questo era quello che volevo. E questo è quello che ho vissuto. 
A Perth spesso mi sono trovata con Kathrine, Alessia, ed Elena e Mette. Alessia ed Elena sono state compagne di avventura a tutti gli effetti, dato che sono stata con loro praticamente per tutta la durata del viaggio. Mette e Kathrine sono due ragazze danesi, che però hanno avuto poche occasioni di parlarsi, perchè i loro periodi di alloggio coincidevano solo nel giorno prima della mia partenza. 
Mi sono divertita molto con loro, e ho impressi saldi nella memoria ogni momento assieme, ogni risata, passeggiata, esperienza. 

E’ il 18 Luglio, ed io ed Elena non vediamo l’ora di andare al camp.
Arriviamo a Brisbane la mattina, e attendiamo in aeroporto tutti i componenti mancanti. 
Nemmeno la stanchezza del volo frenava il mio entusiasmo. Già pensavo a cosa avremmo fatto assieme. A come avrei convissuto con 26 ragazzi da tutto il mondo . Con loro ho fatto attività che nemmeno immaginavo: surf, paddle boarding, high ropes, canoa, dragon boat, body boarding.

Non mi sembra vero di essere a casa ora. Lontano da loro e dalla loro voglia di vivere e fare nuove esperienze. 
Sono bastati 10 giorni per legare con ognuno, oltre ogni barriera culturale o linguistica che ci fosse, e spero con tutto il cuore di riuscire a rivederli un giorno. 
Separarmi da loro è stato straziante. 
Ma non c’era scelta. 

Io ed altri 3 italiani avevamo un volo da prendere, ed i nostri camp mates purtroppo tornavano a casa, chi India, chi America, o Germania, Belgio, Olanda, o Turchia…ma la nostra destinazione era Sydney, per uno stopover con altri italiani riuniti da tutto il continente. 

Anche con loro ho un ottimo rapporto, e sicuramente vedremo di rincontrarci un giorno. 

In aeroporto a Dubai realizzo che sto andando a casa. Che è finito tutto. Che presto tornerò alla vita normale. Ed è difficile convivere con questa sensazione. È come se non fossi abbastanza sazia di Australia. Come se questo meraviglioso paese non esaurisse mai le sue sorprese.

Cadrò pure nel banale, ma questa è stata veramente l’esperienza più bella della mia vita. Tornerò. Di certo. Non mi dimenticherò delle meravigliose persone che ho incontrato, con cui ho vissuto momenti magici, in un luogo così speciale.

Mi sento molto fortunata ad aver avuto una simile occasione, e non mi stancherò mai di ripeterlo. 

Grazie Lions, e grazie Australia.