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Il viaggio ad Hong Kong è stata la mia seconda esperienza con gli scambi giovanili Lions ma preferisco descriverla come un esperienza del tutto nuova rispetto a quella fatta l’anno scorso in Canada: è stata più breve ma anche molto più intensa di emozioni, sensazioni ed esperienze che mi hanno portato a stretto contatto con una cultura molto distante dalla mia.

Atterrata all’aeroporto di Hong non avevo la più pallida idea di chi sarebbe stato lì ad attendere il mio arrivo: a differenza del Canada sapevo molto poco se non solo il nome della mia host family e il breve periodo che avrei passato con questa prima di partire per il campo. Ho molto poco da raccontare del periodo passato con la mia famiglia perché sono sempre stata impegnata nelle attività organizzate dai Lions e Leo: la mia host non sapeva parlare l’inglese e per il periodo passato con lei non abbiamo comunicato molto se non con le poche parole che conoscevo di cinese mandarino. La mia host è sempre stata disponibile a portarmi ai vari incontri ed attività e molto gentile con me.

A differenza del Canada e penso anche della maggior parte degli altri scambi giovanili Lions nel mondo, ad Hong Kong è molto più organizzato il periodo al Campus perché le famiglie ospitanti cinesi sono generalmente molto impegnate con il lavoro.

Il secondo giorno dopo il mio arrivo ho partecipato alla cerimonia di apertura assieme a tutti gli altri ragazzi del campus: in totale eravamo il 15 ed eravamo ed eravamo le star della giornata visto che in una sola mattinata i Lions di Hong Kong ci avevano scattato circa un migliaio di foto con tutti i tipi di smart-phone e macchine fotografiche esistenti in commercio. Quel giorno era uno dei pochi in cui avevamo il pomeriggio libero da qualsiasi tipo di programma e quel giorno assieme alle altre due ragazze italiane che avevano fatto il viaggio con me e un ragazzo ceco slovacco e la sua host family siamo andati alla Avenue of Stars, uno dei posti più turistici della città con vista sulla Central, l’altra isola che compone Hong Kong gremita di grattacieli.

L’Avenue of Stars, che ricorda vagamente la Walk of Fame Hollywoodiana, è una promenade molto carina dedicata alle star del cinema cinesi, in particolare provenienti da Hong Kong: camminando puoi trovarti sopra l’impronta delle mani di Jakie Chan e ammirare la scultura di Bruce Lee che spicca tra il grigiore dei grattacieli in lontananza. Fin da quelle prime ore mi stavo innamorando di una città che cerca di occidentalizzarsi ma che allo stesso tempo tiene strette le sue origini e la sua cultura che silenziosa continua ad essere nell’aria tra lo smog e il grigiore del cielo e quell’acre odore di pesce essiccato al sole e d’incenso.

La sera stessa mi sono ritrovata a cena in un grattacielo con vista mozzafiato su Hong Kong: la host family del ragazzo Ceco Slovacco aveva invitato me e le altre ragazze a cena con loro. La situazione mi faceva sentire molto più a New York che in Cina dato che la host family era una famiglia di indiani e non di cinesi e fuori i grattacieli brillavano di mille luci come se il grigiore che avevano avuto per tutto il resto del giorno non gli appartenesse: l’unica cosa cinese era il cibo che abbondava nel vassoi che si facevano roteare sul tavolino centrale in vetro, così che tutti potessero servirsi.

Quella prima giornata cosmopolita da metropoli, tale quale è Hong Kong, fu subito messa a contrasto dall’esperienza avuta il giorno dopo sperduta tra le montagne per raggiungere la statua del Big Buddha.

Dopo un lungo viaggio in pullman sembrava essere in un posto totalmente diverso dalla caotica metropoli alla quale mi ero abituata: poco fuori da Hong Kong il paesaggio si trasforma in una natura tropicale di un verde intenso che sembra inghiottito dalla nebbia e dalle nuvole cariche di pioggia, come è solito durante il periodo estivo. Prima di raggiungere la cima della montagna con il Big Buddha sulla vetta ci siamo fermati al mercato di To Tai O e per la prima volta mi sono realmente sentita in Cina: bancarelle che vendevano le più disparate specie di pesce essiccato e frutta e piccoli altari dedicati a divinità confuciane o buddiste si facevano largo tra il fumo dell’incenso e il richiamo delle preghiere.

Hong Kong è magica nell’alternarsi così velocemente tra tradizione e modernità: il Buddha, immagine importante nella storia della Cina era lì che ci attendeva possente sulla vetta della montagna, da raggiungere dopo una lunga e ripida scalinata mentre le nuvole si gonfiavano sempre più di pioggia.

Gli acquazzoni estivi sono di routine ad Hong Kong, per un pelo abbiamo scampato la pioggia quel giorno: durante i primi dieci giorni dello scambio non ha fatto altro che piovere e purtroppo per due giorni c’è stata anche la cosiddetta “pioggia gialla”, cioè pioggia acida dovuta all’inquinamento che ci ha fatto cancellare alcune attività in programma.

Dopo quattro giorni era già concluso il periodo in famiglia e mi trovavo nuovamente con il passaporto alla mano per andare a Macao, escursione di tre giorni inclusa nel programma. Macao è descritta come una piccola Las Vegas, ma non ha nulla di meno alla famosa città d’azzardo americana visto che vanta un numero maggiore di casinò.

Nel centro storico di Macao si percepisce molto la vecchia dominazione Portoghese nella struttura degli edifici: la facciata della St. Paul Cathedral domina su una strada costellata da negozietti turistici che ti offrono assaggi di biscotti e zenzero caramellato.

Macao è una città di carta, costruita per i turisti e per chi adora passare il tempo nei casinò: immensi edifici che dai corridoi lussuosi che ricordano vagamente Dubai.

Tra la visita alla Macao Tower e l’immensa università di Macao i giorni dell’isola alle porte di Hong Kong sono volati e si sono conclusi con un bel service in aiuto di una comunità per tossicodipendenti. Al momento di rientrare ad Hong Kong io e gli altri ragazzi del Campus e i ragazzi Leo avevamo stretto un ottimo rapporto: eravamo pochi ma molto uniti.

I 10 giorni al campus di Hong Kong sono stati bellissimi: il campus era situato in uno ostello della gioventù che assomigliava molto più ad un bell’albergo che ad un ostello.

I giorni al campus sono stati intensi e spesso mi sono dispiaciuta del poco tempo per tutte quelle cose da fare e da visitare: camminare per Hong Kong era stancante ma la felicità di esser in una città così affascinate mi faceva dimenticare delle vesciche ai piedi. Alternavamo centri commerciali a tempietti buddisti inghiottiti tra gli immensi grattacieli.

Tra le esperienze più belle ricordo quelle in spiaggia: gli ultimi giorni della vacanza il sole brillava nel cielo e si era fatto spazio tra il grigiore delle nuvole e dello smog, e siamo andati in una spiaggia bellissima, un oasi tropicale che si raggiunge o in barca o solo dopo una lunga camminata. Sabbia bianca caraibica e mare cristallino: pensavo di vivere in un sogno! I Lions hanno anche organizzato una gita in barca. Noleggiare delle grandi barche con musica e cibo è una cosa molto comune tra i giovani di Hong Kong ed anche molto costosa. La giornata in barca tra tuffi e sport acquatici e karaoke in cinese è stato uno dei primi saluti prima del rientro in patria. E’ stata un esperienza così intensa e veloce che mi ha messo a contatto con persone provenienti da tutto il mondo ed una cultura che sembra assomigliare a quella occidentale ma in realtà è molto diversa: un iniezione pura di adrenalina e di amicizia, un ricordo che porterò sempre con me.